I cambiamenti climatici in atto sono ormai evidenti a tutti, ma tale evidenza non ha ancora sortito l’effetto di porvi rimedio, né a livello politico internazionale o nazionale, né a livello individuale. Eppure basta talora una settimana di freddo fuori stagione o una occasionale nevicata, come avvenuto in questi giorni, per dover ascoltare ancora ipotesi riduttive del problema, se non addirittura negazioniste.

Rendersi conto del problema in maniera completa richiederebbe competenza scientifica non indifferente o comunque una certa disponibilità all’ascolto ed alla comprensione, anche di cose non piacevoli, ma vere. A molti non par vero, invece, di poter approfittare del vuoto di conoscenza per confidare in una qualche miracolosa via d’uscita, quale ben più gradevole alternativa all’ineluttabile destino che la scienza pare voglia riservarci.

Questo vale naturalmente anche per altri settori della vita nei quali la scienza governa il nostro destino, ahimè a nostra quasi totale insaputa, (o meglio ignoranza, nel senso di non conoscenza): lo vediamo purtroppo di questi tempi col virus galoppante alla faccia di quelli che “anche l’economia” e che quindi vanno a sciare dopo aver innescato la seconda ondata ciondolando brilli in discoteca la scorsa estate o per i vaccini, per i quali molti ancora si basano sul sentito dire e non sull’evidenza scientifica, cioè sperimentale.

Ma, tornando al clima, qui risulta ancora più facile spiegare ed anche capire il problema, in quanto non si tratta di temere effetti collaterali o complotti internazionali, ma di mettere in sequenza logica tre equazioni dimostrate attraverso la sperimentazione e la matematica, ossia attraverso gli unici due elementi incontrovertibili delle umane asserzioni.  

Partiamo dal fatto che sulla Terra arriva in sostanza un’unica grande quantità di calore, consistente nelle radiazioni elettromagnetiche solari che raggiungono l’involucro della terra: si chiama Radiazione incidente ed è indicata normalmente con la sigla Ri. Il nostro pianeta, fatalmente esposto ad uno spazio vuoto e freddo, disperde però gran parte dell’energia così ricevuta dal sole e lo fa attraverso due diverse modalità:

  1. Attraverso la cosiddetta Radiazione retro diffusa Ra cioè la parte di radiazione riflessa nello spazio, maggiore, ad esempio, nelle zone coperte di neve poiché il bianco respinge gran parte della luce, mentre le zone più scure ne assorbono di più;
  2. Attraverso l’energia termica emessa a seguito del riscaldamento Re, detta anche all’Infrarosso, come ad esempio quella che la superficie della terra rilascia durante la notte, quando cede parte l’energia accumulata durante il giorno da parte del sole: notti serene consentiranno maggior dispersione del calore rispetto alle notti in cui c’è la copertura delle nuvole.

Sottraendo dall’energia radiante Ri l’energia restituita, troviamo una temperatura di equilibrio della Terra, che dovrebbe rimanere costante a fronte di un di una costante attività del sole: si tratta della cosiddetta Temperatura di equilibrio, quella che ha consentito lo sviluppo della terra e delle sue forme di vita. La temperatura di equilibrio che un oggetto raggiunge e mantiene costante in una stanza riscaldata da una stufa mantenuta allo stesso livello di fiamma.

Prendiamo ora in esame quanta energia arriva sulla Terra dal Sole.

Le radiazioni del Sole raggiungono tutti i pianeti del sistema solare, compresa la Terra, ma soltanto una parte di energia solare riesce ad essere effettivamente catturata ed assorbita. Ora, prima di procedere al calcolo necessario al raggiungimento del nostro obiettivo, dobbiamo ricordarci che:

  • I raggi del Sole si propagano nello spazio e raggiungono i corpi celesti, compresa la Terra, in base all’angolo d’incidenza dei raggi
  • L’energia solare colpisce la superficie della Terra in modo disomogeneo a causa dell’angolo di incidenza dei raggi solari
  • La quantità di radiazioni è influenzata anche dalle interazioni con l’atmosfera
  • A sua volta l’angolo di incidenza può sensibilmente variare in rapporto all’inclinazione dell’asse terrestre rispetto all’orbita, con cui varia la posizione del Sole rispetto all’orizzonte
  • Tale angolo varia anche in relazione al moto rotatorio della Terra intorno al proprio asse, dal quale moto dipende l’alternarsi del giorno e della notte
  • In base a tutto quanto descritto l’energia solare sarà massima quando il Sole sarà perpendicolare alla superficie terrestre, mentre sarà minima quando il Sole si troverà inclinato rispetto ad essa
  • Per calcolare la quantità di energia solare che arriva sulla Terra sarà necessario tenere conto di una costante solare variabile in rapporto ai diversi periodi dell’anno
  • Questo dato ammonta ad un +3,5% nel mese di gennaio e scende a -3,3% a luglio, con un’energia pari a 1414,7 W/m2 nel picco massimo e di 1321,8 W/m2 al minimo
  • L’atmosfera terrestre funziona come un filtro i cui strati sono responsabili di ridurre la potenza dei raggi solari e per questo con il Sole perpendicolare rispetto alla superficie della Terra ed in assenza di nubi, la quantità di energia solare che arriva sulla Terra scenderà a circa 1000 W/m².
  • Tale energia corrisponde quindi, per farci un’idea, ad un asciugacapelli acceso per ogni metro quadrato di superficie terrestre
  • La presenza di fenomeni di nuvolosità diffusa contribuisce ad ostacolare l’irraggiamento solare diretto sulla Terra, facendo scendere l’irradianza solare tra i 50 e i 100 W/m².
  • Per misurare con precisione la quantità di energia solare che arriva sulla Terra esiste uno strumento, chiamato piroeliometro
  • Chi desiderasse misurare l’energia ceduta dal Sole alla Terra può liberamente acquistarlo su Amazon e utilizzarlo seguendo le istruzioni fornite a corredo.

Tutto ciò considerato ed anche qualcosa che ho probabilmente omesso, l’energia totale incidente Ri si calcola con la seguente formula:

Ri = Fs πD2/4

dove:

D = diametro terrestre (m)

Fs = Radiazione incidente unitaria normale all’involucro esterno dell’atmosfera (Wm-2) misurata strumentalmente (il già menzionato asciugacapelli per metro quadro) e:

πD2/4 = Area del cerchio corrispondente alla sagoma (proiezione) della Terra che riceve la radiazione

L’energia respinta dalla Terra Ra andrà invece calcolata come segue:

Ra = a Fs πD2/4

dove:

a = albedo (frazione radiazione incidente retrodiffusa o riflessa nello spazio).

L’energia dispersa all’infrarosso dalla Terra Re risulta invece da:

Re = σB Ts 4 πD2

dove:

σB = costante di Stefan-Boltzmann [1] = 5,67·10-8 W m-2 K-4       

e: 

Ts = temperatura superficiale di equilibrio della Terra (K) (da ricavare con l’equazione successiva)

πD2 = superficie della Terra, quale area complessiva di emissione della radiazione infrarossa  (m2)

[1] La costante di Stefan-Boltzmann è una costante fisica denotata con la lettera greca σ, che rappresenta la costante di proporzionalità nella legge di Stefan-Boltzmann: l’energia totale irradiata al secondo per unità di superficie, detta emittanza, di un corpo nero è proporzionale alla quarta potenza della temperatura assoluta (Wikipedia).

Ora svolgiamo e semplifichiamo l’equazione:

Ri = Ra + Re

Fs πD2/4 – a Fs πD2/4 = σB Ts 4 πD2

FS (1-a)/4 = sB Ts4

Otteniamo così la nostra prima equazione da tenere in considerazione.

 (1)   Ts4 = FS (1-a)/4σB

 Inserendo i valori numerici calcolati sperimentalmente otteniamo che la temperatura superficiale di equilibrio della Terra corrisponde a

Ts = 255 K = -18°C

Un po’ freddino e vita impossibile, quindi, se non ci fosse un piccolo aiutino da parte del cosiddetto effetto serra, esistente in natura, tramite il quale l’atmosfera rallenta il trasferimento delle radiazioni infrarosse dalla superficie terrestre verso lo spazio. Esso consente due cose decisive per la vita sulla Terra:

  1. Che la temperatura media della superficie si mantenga sui 15°C
  2. Che il pianeta si stabilizzi in un permanente equilibrio radiativo.

Ma l’atmosfera è un miscuglio di tanti gas, alcuni dei quali, come vapore acqueo (H2O), anidride carbonica (CO2), protossido di azoto (N2O), metano (CH4) ed esafluoruro di zolfo (SF6), costituiscono i principali gas serra, ciascuno dei quali contribuendo in misura diversa a modificare il valore dell’effetto serra. Prendiamo in considerazione ad esempio l’anidride carbonica, un po’ per semplificare i calcoli ma soprattutto perché essa è ritenuta la forzante più significativa dell’effetto serra nell’atmosfera, in forte e progressivo aumento da quando l’uomo ha iniziato a bruciare i combustibili fossili, ossia i resti vegetali e animali finiti sottoterra nel corso di successive ere geologiche. Trasformatisi progressivamente in molecole sempre più stabili, per lo più estranee alla vita in superficie anche se sempre frutto di antichissima energia solare, conservata in profondità per centinaia di milioni di anni e poi restituita all’aria dall’inizio dell’era industriale.

La misura di tale forzante, detta Forzante radiativa della CO2, è la seguente:

(2)   RF = 5,35 ln(C/CO)

Dove:

RF = Forzante radiativa (Wm-2)

C = concentrazione di CO2 che determina la forzante al momento della misura (oggi pari a circa 400 ppm)

C0= concentrazione di CO2 di riferimento nell’era preindustriale (278 ppm)

Per passare dalla “forzatura” data all’effetto serra dall’anidride carbonica al dato che più ci interessa, ossia la variazione di temperatura che ne deriva in un dato periodo di tempo, si deve ricorrere ad una terza equazione, che prende in considerazione un ultimo parametro: la Sensitività climatica, ossia il fattore moltiplicativo che misura la risposta termica, la variazione di temperatura media globale del sistema climatico al variare della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.

 (3)   ΔT = λ · RF

 Dove:

 ΔT = Differenza di temperatura media globale alla superficie terrestre in un dato periodo di tempo

λ = Sensitività climatica

Il valore di λ varia a seconda dei modelli impiegati e dalla variabili inserite nei calcoli. Nella sua prima concezione esso includeva gli effetti dei soli “feedback veloci” avvenuti (temperatura atmosferica, nubi, vapore acqueo, venti, neve, banchisa). Attualmente è riconosciuto affidabile il modello fornito da Annan e Hargreaves nel 2006, che terrebbe conto anche di qualcuno dei feedback “lenti” (calotte glaciali, vegetazione, ciclo del carbonio ecc.), stimando un aumento di 3 °C al raddoppio della quantità di anidride carbonica nell’atmosfera e proponendo una formula generale come la seguente:

λ = ~ 0,75 °C (Wm-2)-1

Se prendiamo un foglio di excel e utilizziamo le formule sopra descritte, inserendo i valori indicati (o un altro a piacere per C) otteniamo una variazione all’equilibrio di 1,2 °C. Poiché, però, l’oceano ha bisogno di tempo per riscaldarsi (è arrivato a 0,7 °C, ne sono in arrivo altri 0,5 °C). Naturalmente la scienza attuale propone calcoli addizionali più articolati e sofisticati ad integrazione delle formule grezze esposte sopra, prendendo in considerazione variabili più complesse, calate in scenari sempre più aderenti all’andamento attuale dell’evoluzione climatica: non farà piacere sapere che i risultati che si ottengono da tali studi indicano tutti previsioni di riscaldamento aggiuntivo (all’equilibrio) ben maggiori, da 2 a 5° C. Questo avviene significativamente per l’effetto moltiplicatore di interdipendenza di alcuni fattori causali dell’effetto serra: la CO2 da fossile fa aumentare la temperatura degli oceani, la cui acqua, riscaldata, rilascia più CO2, come una gigantesca bottiglia di acqua minerale, che sommata a quella già esistente, fa sciogliere le nevi perenni, che quindi assorbono più calore, riducendo il respingimento delle radiazioni solari; la temperatura aumenta ancora di più e il permafrost in Alaska e in Siberia si decongela, aprendo fessure dalle quali sgorga (e brucia, volendo) il metano, anch’esso noto gas serra. E così via.

Giunti sin qui, siamo in grado di prevedere, senza altre formule, di quanto salirà in futuro il livello del mare a seguito del riscaldamento globale provocato dall’effetto serra: ciò in quanto è noto con sufficiente precisione il volume dei ghiacci attualmente presenti sulle maggiori aree ghiacciate della Terra e poi perché già in passato il nostro pianeta si è trovato ad essere più caldo ed è stato possibile ad alcuni scienziati la correlazione tra temperatura e livello del mare: con 3 °C in più di temperatura atmosferica, per esempio, il mare sulla Terra 3 milioni di anni era 16 metri più alto.

Si può leggere a proposito (https://www.iconaclima.it/) che “la fusione di tutto il ghiaccio presente all’Antartide farebbe aumentare il livello dei mari di 61 metri, mentre altri 13 metri arriverebbero dai ghiacci continentali del Polo Nord (soprattutto Groenlandia). Inoltre, ogni 100 anni l’espansione termica farebbe aumentare di un 1 altro metro il livello degli oceani, con le acque provenienti dal resto del pianeta. Se il livello dei mari si alzasse di 1 metro Venezia sarebbe la prima a finire sott’acqua. Se si alzasse di 2-4 metri la stessa sorte toccherebbe nell’ordine ad Amsterdam, Amburgo e San Pietroburgo, Los Angeles, San Francisco e Lower Manhattan. Tra i 5 e i 7 metri l’acqua allagherebbe le strade di New Orleans, il sud di Londra, Shanghai e Edimburgo. Oltre gli 8 metri il livello del mare raggiungerebbe i negozi di New York, Londra e Taipei”.

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