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I DIARI DI DANTE

QUADERNO III
Periodo narrato compreso tra l’aprile 1941 e il giugno 1942

CONTESTO ED APPROFONDIMENTI

14

Capitolo 14 - BALCANIA!

Andiamo al posto di blocco, una confusione e con tutti gli autocarri che passavano, neanche uno militare con la possibilità di salire. Passa un’ora, due, decidiamo di ritornare a Durazzo a prenderci la corriera: non era per ritornare, ma per i pacchi che avevamo da portarci a dietro. Ma, cosa vuoi, almeno poi siamo liberi. Alle dieci e trenta la corriera parte e prima di mezzogiorno siamo alla capitale. Subito al solito posto a fare colazione in compagnia del Maggiorino e del bersagliere Pissinis e intanto già qualche bersagliere si vedeva in giro. Allora domandiamo del XXVI battaglione e sappiamo che sono scappati da Durazzo perché c’era la malaria e che presto devono partire. Il pomeriggio passò, aspettiamo i che tornino dalla libera uscita e mi metto al principio del corso. Dopo una mezz’ora che aspettiamo, mi vedo davanti l’amico Tondulli che mi corre incontro e mi abbraccia…

Contenuti

14.1 - Balcania

Dopo l’invasione dell’aprile 1941, la situazione nei Balcani si presentò particolarmente difficile per le forze d’occupazione italiane. I movimenti di resistenza della ex Jugoslavia, sopravvissuti alle violente repressioni effettuate dagli occupanti (Germania, Italia, Ungheria, Bulgaria) e dagli attacchi nazionalisti ustascia e cetnici, avevano approfittato dell’inverno 1941-1942 per riorganizzarsi e quindi, dal gennaio-febbraio 1942, per avviare un’offensiva generale, comprendente le regioni bosniache e dalmate, ove si trovava ad operare il 4° reggimento bersaglieri. La rapida ed inaspettata diffusione del movimento di liberazione spinse i comandi italiano, tedesco e croato ad effettuare contro di esso un’energica azione offensiva, articolata in una serie di operazioni di repressione, uniche vere e grandi attività belliche nei Balcani successive ai conflitti con la Grecia e con la Jugoslavia. Esse rappresentarono un salto qualitativo notevole nell’azione degli eserciti occupanti, che si volsero in breve tempo da meri compiti di polizia a vere e proprie operazioni organiche di guerra su vasta scala.

Tra le conseguenti iniziative di intervento ed a fianco delle confuse, tragiche e contrapposte collaborazioni con ustascia e cetnici, nel luglio 1942 lo Stato Maggiore dell’XI Corpo d’Armata ideò la costituzione di una “Milizia Volontaria Anti Comunista” (M.V.A.C.), chiamata anche “Guardia Bianca” (Bela Garda). Essa aveva un’origine composita: accanto alle truppe che provenivano dalle organizzazioni partitiche prebelliche e che avevano collaborato con gli italiani dopo l’invasione, ci furono anche gli ultracattolici di “Guardia nella Tempesta” del teologo gesuita Lambert Ehrlich e il “Battaglione Stiriano” del capitano Kranjc, composto da soldati sbandati, da qualche nazionalista estremista e da monarchici. La M.V.A.C. avrebbe dovuto operare come unità autonoma, ma, in realtà, i suoi reparti vennero immediatamente inquadrati nelle unità componenti alcune divisioni italiane, come la divisione “Cacciatori delle Alpi”, in appoggio alla quale si trovò temporaneamente impegnato anche Dante.

L’Italia fascista impiegò enormi risorse militari, diplomatiche, economiche e propagandistiche per imporre il suo dominio su circa un terzo dell’intero territorio jugoslavo, ma durò poco: una breve parabola di morte e di terrore, un concentrato di inadeguatezza del vagheggiato impero. Si passò dal sogno di predominio sui Balcani del maggio 1941, all’odore della sconfitta di due anni dopo, con due aggravanti, se possibile.

La prima fu quella di aver trasformato centinaia di migliaia di valorosi soldati in invasori giustizieri, che, finito tutto, si trovarono a tacere e a negare ai loro figli, insieme a quella vergogna, anche l’enorme dignità del loro dolore e del loro, pur inutile, sacrificio. Vittime e carnefici al tempo stesso, i soldati italiani combatterono con mezzi inadeguati e scarse motivazioni ideali, se non quella del mansueto compimento del loro dovere di cittadini italiani, costretti spesso a vivere affamati, bagnati, all’addiaccio, in condizioni estreme, vinti dalla paura, dalla noia e dall’abbandono. La seconda fu quelle di aver voluto stringere ambigue alleanze con realtà collaborazioniste molto diverse tra loro, contribuendo ad attizzare il fuoco di una feroce guerra civile, che, sopita durante sotto la federazione jugoslava, riemergerà ancora mezzo secolo dopo, con rinnovati terrore e violenza.

Nonostante la partecipazione di importanti reparti dell’esercito alle diverse operazioni, già dall’inizio del 1943, l’impegno politico-militare italiano nei Balcani stava diventando secondario rispetto alle nuove priorità strategiche globali. Si procedeva quindi alla progressiva riduzione delle forze schierate sul terreno. L’esercito richiamò alcuni reparti, pur mantenendo ancora 17 divisioni in Jugoslavia; furono disarmati i cetnici, fu sciolta la M.V.A.C. e si interruppero le forniture di armi ai collaborazionisti. Ma intanto, ragazzi delle nuove classi di leva e soldati di ritorno dalla licenza, per pura disciplina affluivano ancora in quei luoghi, avendo ormai persa, insieme alle già precarie motivazioni di prima, anche ogni speranza di quella tanto auspicata vittoria.

Molto prima del 25 luglio 1943, vediamo che le truppe italiane iniziano ad abbandonare le posizioni più esposte, ridurre il loro impegno operativo e ripiegare in una serie di presidi isolati in posizioni difensive, spesso accerchiate ed assediate, delle quali il soccorso e lo sblocco costeranno molte vite. Molte località, che ci erano diventate famigliari attraverso il racconto del papà, quali quotidiani luoghi della sua vita, furono evacuate già dalla primavera. Dopo il 25 luglio 1943, il disimpegno italiano fu molto rapido e molti reparti si concentrarono lungo la costa adriatica, ormai apparentemente senza scopo strategico, se non quello di proteggere i porti e di avvicinarsi a casa, mentre si avvicinavano i giorni dell’abbandono e della tragedia finale.

14.2 - L'operazione Trio

L’Operazione Trio si svolse dal 20 aprile al 15 maggio 1942 e fu così chiamata perché vi parteciparono unità italiane, tedesche e croate, al comando del generale Roatta. Si svolse nei territori dell’allora Stato Indipendente di Croazia (NHD), comprendente anche i territori della Bosnia Erzegovina, contro i partigiani jugoslavi. Da parte italiana vi fu il maggior contributo di truppe: tre divisioni complete (“Taurinense”, “Cacciatori delle Alpi” e “Pusteria”) e altri reparti compositi.

Il 4° reggimento bersaglieri vi partecipò alle dipendenze della divisione “Cacciatori delle Alpi” e Dante fu coinvolto direttamente anche in alcuni scontri a fuoco (Stolac, Orlja), in una zona abbastanza marginale della vasta operazione. (v. Becherelli, op. cit.)

Le operazioni si svolsero nell’alta valle della Drina, con l’obiettivo di eliminare i partigiani operanti nella zona. Si conclusero con un parziale successo e la rioccupazione di Foca.

(v. Becherelli, op. cit.)

Le manovre dell'Operazione Trio. La zona di operatività dei btg. XXVI e XXIX è sulla sinistra, appena sopra Ljubinje. (https://sh.wikipedia.org/wiki/Operacija_Trio)o

14.3 - Alleati o nemici?

Nel marasma generale di contrapposizione del tipo “tutti contro tutti” che sì creò dopo lo smembramento dell’ex Jugoslavia, ebbero a crearsi situazioni paradossali di alleanze tra nemici e di conflitti tra alleati, nelle quali anche Dante viene invischiato, riferendone dal suo punto di osservazione della quotidianità bellica. Più si approfondisce il tema e più appaiono risvolti incredibili e particolari sorprendenti con un’ampia disponibilità di documentazione, cui facciamo cenno anche in altre parti di queste pagine.

Ma, proviamo a dare un’idea di ciò, limitandoci solo ai rapporti tra Italia e il suo presunto alleato croato.

Il Regno Indipendente di Croazia, autoproclamatosi tale dopo l’invasione italo-tedesca dell’aprile 1941, era in realtà era monarchia fantoccia, imposta dai vincitori con un sovrano di casa Savoia (il Principe Aimone di Savoia-Aosta) e un governo fascista in mano agli ustascia di Ante Pavelić. Più che come alleato indipendente, dunque, era in realtà un protettorato bell’e buono del Regno d’Italia, del quale questo doveva e poteva disporre, specie in contesto bellico, a suo piacimento ed interesse esclusivi. Lo stato comprendeva la maggior parte della Croazia, l’attuale Bosnia-Erzegovina e di una piccola porzione della Serbia, ma gli fu tolta la Dalmazia, che divenne a tutti gli effetti territorio italiano e questo era uno dei principali motivi di frizione con l’Italia.

Sta di fatto che i comandi italiani segnalavano spesso difficoltà per l’afflusso di rifornimenti che erano smistati verso la Germania invece che a sud, rendendo note le inadempienze ai patti che stabilivano l’indirizzo politico-amministrativo da instaurarsi nei territori controllati. Ogni rimostranza italiana verso i croati non faceva altro che esacerbare e rendere palesi l’avversione di questi nei confronti dell’Italia e l’obiettivo di sottrarre ad essa il controllo dei territori occupati. Furono anche svelati contatti tra ustascia e cetnici nei quali i primi cercavano di aizzare i secondi contro l’Italia e ci furono pubbliche manifestazioni di nazionalismo dalmata-croato in funzione antitaliana, mentre, al di là delle forme cortesi, la Croazia tendeva ad ostacolare l’insediamento ed il controllo italiani, attraverso vere e proprie operazioni di elusione e di boicottaggio.  Il generale Ambrosio, prima di passare il comando a Roatta, ebbe a criticare il comportamento prevaricatorio dei tedeschi nei confronti dei diritti italiani stabiliti nei Balcani e criticò l’indipendenza della Croazia e il governo ustascia, impegnati solo a massacrare popolazioni indifese senza rispettare gli accordi  

Non mi sentirei di escludere che, a parte le esigenze militari e di convenienza, una certa benevolenza da parte italiana verso i cetnici, possa in qualche essere stata suggerita dall’atteggiamento e dal comportamento dell’alleato croato.

Per i cetnici, comunque, l’obiettivo principale era la restaurazione della monarchia jugoslava su base serbista, per la quale, dopo l’annientamento dei comunisti, si sarebbero sicuramente battuti anche contro i tedeschi e gli italiani, come del resto avevano già fatto dopo l’invasione, in attesa di una insurrezione generale, da effettuarsi con le armi procacciatesi dagli italiani e con l’appoggio da parte degli alleati che sarebbero prima o poi sbarcati sul continente. Le notizie delle violenze perpetrate dai cetnici e il progressivo rafforzamento partigiano, spostarono però verso Tito l’iniziale appoggio dato loro dagli Alleati in funzione anti Asse.

14.4 - L'occupazione italiana nella ex Jugoslavia 1941-1943

LE UNITÀ E I REPARTI

La 2ª Armata

I compiti di presidio e di controguerriglia da parte dell’esercito italiano sui territori della Jugoslavia sconfitta ed in particolare nelle zone ove operò il 4° reggimento bersaglieri, furono affidate stabilmente alla 2ª Armata, anche se, nel corso degli anni dal 1941 al 1943, ci furono alcuni cambiamenti e riorganizzazioni. La sua sede era a Sussak.

L’11 aprile 1941 iniziò le operazioni di guerra contro la Jugoslavia. Le sue truppe occuparono Lubiana, Sebenico e Spalato, liberarono Zara, accerchiata dal nemico e si congiunse con i reparti italiani provenienti dall’Albania, Il 18 aprile, terminate le operazioni di guerra, iniziò l’attività di presidio del territorio occupato e successivamente quella di controguerriglia verso le formazioni partigiane e di interposizione negli scontri etnici fra le diverse etnie contrapposte.

Il 31 ottobre 1941, il territorio di giurisdizione della 2ª Armata fu così ripartito:

  • 1a zona – Terre annesse all’Italia (Dalmazia e Litorale Sloveno)
  • 2a zona – Fascia demilitarizzata
  • 3a zona – Area dal margine orientale della fascia demilitarizzata fino al settore di influenza tedesco.

Il 9 maggio 1942, Roatta potenzia e trasforma la 2ª Armata in una struttura politico-militare, con la denominazione ufficiale di “Comando Superiore FF.AA. Slovenia-Dalmazia” (“Supersloda”) e posta sotto il diretto comando del capo del governo. Successivamente, vedrà ulteriori modifiche di organizzazione e di composizione.

Il 18 ottobre 1942 risulta ufficialmente costituita da:

  • VI Corpo d’armata, dislocato nelle zone croate di sua giurisdizione (Cattaro, Ragusa, Tarcin, Mostar, Metkovic), che vedono impegnato il reggimento di Dante fino a tutto il 1942.
  • XVIII Corpo d’armata, su Zara, Spalato, Sebenico, Knin, Perkovic e zone circostanti. Il 4° reggimento bersaglieri passerà nel 1943 sotto questo comando, alle dipendenze della divisione “Bergamo” fino all’8 settembre.
  • V Corpo d’armata, sede a Cirquenizza e dislocato nella provincia del Quarnaro, nelle città di Karlovac, Delnice, Segna, Cabar, Vrbovsko, Otocac, Gospic, sulle isole del litorale e a protezione delle linee ferroviarie Karlovac-Ogulin-Sussa e Sussa-Gospic) i centri di Cirquenizza. Ha alle dipendenze, tra le altre, la divisione “Re”, i cui militari Dante incrocerà a fine luglio ’42, definendoli come “cravatte rosse”.
  • XI Corpo d’armata, per la Provincia di Lubiana e per le linee ferroviarie Zelog- Postumia e Retlika-Novo Mesto-Lubiana. Dante opererà temporaneamente nell’ambito di questa unità, alle dipendenze della divisione “Cacciatori delle Alpi”, all’inizio del 1942 (fatti di Stolac, encomio solenne a Orlja).


Il VI Corpo d’armata

Nel marzo 1941 è mobilitato e raggiunge il fronte orientale per prendere parte, dal 7 al 18 aprile, alle operazioni contro la Jugoslavia, venendo poi dislocato in Dalmazia e Croazia. Il quartier generale è prima a Spalato e poi a Ragusa, coprendo il territorio compreso tra la costa dalmata e la Bosnia Erzegovina. Nel giugno 1941 incorpora la 18ª Divisione fanteria “Messina” e la 32ª Divisione fanteria “Marche”, provenienti dal XVII Corpo d’armata e che impiegheranno i battaglioni del 4° reggimento in alcune operazioni contro i “ribelli”: in particolare, il XXVI battaglione, quello cui appartiene Dante, separato dagli altri due, opererà alle dipendenze della “Marche” nell’autunno del 1941 nella zona di Trebigne-Bileca.

L’indirizzo di posta militare che Dante riporta sulle copertine dei diari, applicate nel giugno del 1942, è quello della divisione “Marche”: PM 32.

È costituito da:

  • 26ª Divisione fanteria “Assietta”
  • 18ª Divisione fanteria “Messina”
  • 49ª Divisione fanteria “Parma”
  • 56ª Divisione fanteria “Casale”
  • 32ª Divisione fanteria “Marche”
  • 12ª Divisione fanteria “Sassari”
  • 154ª Divisione fanteria “Murge”
  • 14ª Brigata costiera
  • 17ª Brigata costiera
  • 28ª Brigata costiera


La Divisione Messina

Ordine di battaglia 1940-1943:

  • Comando della fanteria divisionale
  • 93º Reggimento fanteria “Messina”
  • 94º Reggimento fanteria “Messina”
  • 108ª Legione CC.NN. “Benito Mogioni” (dal 1942)
  • CII Battaglione CC.NN. “Cacciatori del Tevere”
  • 2º Reggimento artiglieria “Metauro”
  • XVIII Battaglione mortai da 81
  • 118ª Compagnia cannoni controcarro da 47/32
  • 18ª Compagnia mista telegrafisti/marconisti
  • 20ª Compagnia minatori
  • 48ª Compagnia genio
  • 49ª Sezione sanità
  • 23ª Sezione sussistenza
  • 190ª Auto sezione pesante
  • 44ª Sezione panettieri
  • 52ª Sezione CC.RR.
  • 53ª Sezione CC.RR.


La Divisione Marche

Ordine di battaglia 1940-1943:

  • 55° Rgt. fanteria “Marche”
  • 56° Rgt. fanteria “Marche”
  • 49ª Legione CC.NN. (dal 1941)
  • 40° Btg. CC.NN. “Scaligera”
  • 32° Rgt. artiglieria 
  • 1° Gr. artiglieria
  • 2° Gr. artiglieria
  • 3° Gr. artiglieria
  • 32° Btg. mortai da 81
  • 32a cannoni controcarro da 47/32
  • 39a Genio
  • 32a mista telegrafisti/marconisti
  • 39a Sanità
  • 4a Sussistenza
  • 32a panettieri
  • 35a CC.RR.
  • 36a CC.RR.


La divisione Bergamo

Ordine di battaglia 1943 (nel XVIII Corpo d’armata):

  • Comando della fanteria divisionale
  • 25º Reggimento fanteria “Bergamo”
  • 26º Reggimento fanteria “Bergamo”
  • 89ª Legione CC.NN. d’assalto “Etrusca”
  • 4º Reggimento artiglieria “Carnaro”
  • XV Battaglione mortai da 81
  • 36ª Compagnia genio artieri
  • 15ª Compagnia mista telegrafisti/marconisti
  • 31ª Sezione foto elettricisti
  • 19ª Sezione sanità
  • IX Battaglione territoriale CC.RR.


Il 4º Reggimento bersaglieri

  • XVII Brigata costiera
  • CVI Battaglione mitraglieri di Corpo d’Armata motorizzato
  • CCXI Battaglione territoriale mobile
  • CCXXVIII Battaglione territoriale mobile
  • CCXXIX Battaglione territoriale mobile
  • V Battaglione presidiario
  • X Battaglione presidiario
  • 324ª Compagnia presidiaria alpini
  • 2º Squadrone/I Gruppo corazzato “San Giusto” (su carri L6/40)
  • CVIII Gruppo artiglieria di Corpo d’Armata
  • V Battaglione genio minatori
  • 125ª Compagnia genio telegrafisti


Nella cartina (
S. Loi – SME, op. cit.) è visibile la striscia costiera adriatica sotto il diretto controllo italiano fino alla linea punto-tratto, oltre la quale e fino alla linea continua affiancata dalle crocette c’è la zona smilitarizzata, nella quale la Croazia non fu mai in grado di gestire la sicurezza. In questa fascia e non solo si sviluppò un complicato e in parte mutevole stato di guerriglia etnico, politico e militare. L’esercito italiano operò sia nel controllo stabile del territorio, in particolare per garantire il collegamento ferroviario nord-sud, sia con campagne mirate contro i partigiani, sia per la protezione delle minoranze etniche (generalmente i serbi minacciati dai croati).


Fonti specifiche

– LE OPERAZIONI DELLE UNITÀ ITALIANE IN JUGOSLAVIA 1941-1943 – A cura di Salvatore Loi – U. S. SME, 1978.
– Criminidiguerra.it/TArmate.shtml
– ilpostalista.it/pm_file/pm_122.htm
– https://it.wikipedia.org
https://it.wikipedia.orgwiki/Divisioni_del_Regio_Esercito_nella_seconda_guerra_mondiale
– https://digilander.libero.it/trombealvento/guerra2/varie/dalmazia.htm
– ACADEMIA.EDU –
ITALIAN GROUND FORCES ORDERS OF BATTLE AND STRENGTHS IN THE INVASION OF GREECE, AUGUST 1939-APRIL 1941 PART D Armies
– ACADEMIA.EDU – Italian Army 8 September 1943-Regio Esercito 8 Settembre 1943 Part IX 2nd ARMY-SLOVENIA-CROATIA-BOSNIA.HERZEGOVINA
– ACADEMIA.EDU – Italian Army 8 September 1943-Regio Esercito 8 Settembre 1943 Part XI VI CORPS-CROATIA

 

14.5 - Primi lumi di resistenza

Abbiamo avuto modo di osservare e sottolineare il ruolo che gli italiani ebbero come aggressori di popoli ed occupanti di territori, in contrasto con il mito degli “italiani brava gente”, creatosi nel dopoguerra per ripulire la coscienza nazionale ed individuale ed andare avanti. Al di là delle responsabilità di chi portò il paese nella tragedia per puro calcolo ed ambizione e di quella della popolazione che ne fu complice e poi vittima, ritengo giusto segnalare che, nel contesto che andiamo descrivendo, ossia l’occupazione della ex Jugoslavia e le operazioni di controguerriglia che ne sono stati lo strumento, con il loro orribile corredo di violenza e di terrore, il 1942 vide significativi interventi dei militari italiani che, benché in prima fila nell’omologare e sostenere il fascismo, intervennero a favore della popolazione ebraica dei territori controllati dall’Italia, con ciò contravvenendo alle direttive superiori.

Per accelerare i tempi della “soluzione finale”, Germania e Croazia avevano raggiunto un accordo per la deportazione degli ebrei dello Stato Indipendente Croato nei campi di sterminio tedeschi. Ciò suscita la reazione degli ufficiali del comando italiano, anche perché le disposizioni comprendono anche i territori di propria competenza e costituiscono una inaccettabile prevaricazione. A metà agosto Berlino chiede formalmente al governo italiano la consegna alle autorità croate degli ebrei presenti nelle zone controllate dal Regio Esercito. Mussolini obbedisce ed emana l’ordine di rastrellare e consegnare la popolazione di religione ebraica agli ustascia, trovando però l’ostacolo di una serie di obiezioni sollevate dai comandi italiani a seguito della decisione. Esse si trasformano in aperta resistenza e inducono il governo a temporeggiare.

Ribbentrop e Pavelić alzano allora la voce accusando gli italiani di incapacità nell’operare “le consegne”. Mussolini non sopporta una simile accusa e Mussolini dà l’ordine di espellere e consegnare gli ebrei agli aguzzini croati. Nonostante l’ordine esplicito e perentorio, le autorità militari italiane italiani riescono tuttavia a temporeggiare e a non consegnare parte degli ebrei dislocati nei territori sotto la loro giurisdizione. Circa quattromila ebrei dello Stato Indipendente Croato sopravviveranno alla guerra grazie al “boicottaggio” dei militari italiani.

Episodi simili avvennero anche in altre parti della penisola balcanica sotto occupazione e alcuni dei loro benemeriti protagonisti pagarono con la vita, dopo l’8 settembre, questi loro atti di coraggio: tra questi il generale Amico, già incontrato a Bileca nel racconto di Dante.

14.6 - Bersaglieri in treno

Nel corso della sua permanenza in Dalmazia-Bosnia Erzegovina, dall’estate del 1941 all’autunno del 1942, Dante fece un frequente uso del treno per gli spostamenti, sia per raggiungere nuovi acquartieramenti, sia per compiere, partendo da questi, le cosiddette “puntate” contro i “ribelli” e i diari lo testimoniano in molti frangenti. Quel treno, quel percorso, quei tragitti hanno costituito, tra gli altri, un motivo conduttore del tutto particolare del racconto, costellato di tanti e particolari momenti, fissati da Dante nella sua memoria.

La ferrovia utilizzata, che si snodava interamente all’interno della Bosnia-Erzegovina (solo temporaneamente annessa alla Croazia nel 1941 a seguito del conflitto che smembrò la Jugoslavia) e che seguiva parte del corso del fiume Neretva, era costituita da un’asse principale che collegava Sarajevo, via Mostar, a Trebigne: da qui la linea proseguiva verso Bileca, per terminare il suo percorso a Niksic, in Montenegro.

Il tracciato presentava alcune derivazioni importanti: da Mostar, il bivio di Gabela, a destra, conduceva a Porto Tolero (Ploče), sul mare Adriatico. Più a sud, dopo Hum, un’altra derivazione destrorsa portava a Uskoplje, dove la linea si biforcava in ulteriori due rami: uno, passando per Brgat, attraverso un complicato percorso, arrivava a Ragusa, mentre l’altro raggiungeva il piccolo porto di Zelenika, alle Bocche di Cattaro.

La rete ferroviaria, a scartamento ridotto (760 mm), fu costruita dall’impero austro-ungarico, che governò il territorio della Bosnia-Erzegovina fino al 1918. Inaugurata il 15 luglio 1901, fu completata nel 1930 con il tratto Trebigne – Lastva e, nel 1931, con il tratto Lastva – Bileca, che presentava un panoramico attraversamento del fiume Trebišnjica. Nel 1962 la Jugoslavia di Tito costruì sullo stesso fiume un bacino idrico e un’adiacente centrale idroelettrica. Per questo motivo, fu modificato il percorso della ferrovia e contemporaneamente venne spostata la stazione ferroviaria di Trebigne.  

Questa ferrovia, in tempo di pace, fu essenziale per le comunità che attraversava, collegando diversi paesi, regioni, popoli e culture. Per quelle genti, il collegamento ferroviario fu senz’altro un elemento significativo della loro esistenza e del loro progresso, tale da aver lasciato tracce indelebili di memoria nei luoghi attraversati, come testimoniano le numerose documentazioni trovate in rete al riguardo. 

L’ultimo treno merci partì da Zelenika nel 1968, l’ultimo treno passeggeri da Ragusa il 30 maggio 1976.

I tracciati che abbiamo citato, in quanto interessati alle operazioni belliche cui ha partecipato Dante, facevano parte in realtà di una più ampia rete ferroviaria bosniaca, che comprendeva da linea Lašva a Travnik (aperta al traffico il 26 ottobre 1893) quella da Travnik a Bugojno (14 ottobre 1894), quella da Donji Vakuf a Jajce (1° maggio 1895) e la linea da Bugojno a Gornji Vakuf (3 ottobre 1945). Tutte le linee furono smantellate tra il 1972 e il 1975.

14.7 - I tracciati ferroviari

LINEE FERROVIARIE A SCARTAMENTO RIDOTTO UTILIZZATE DAI BATTAGLIONI DEL 4° REGGIMENTO BERSAGLIERI PER LE OPERAZIONI IN BASSA CROAZIA E BOSNIA ERZEGOVINA NEL PERIODO 7/1941-10/1942
1 Mostar - Jablanica (per Sarajevo)
2 - BIvio Gabela - Mostar
3 - Zavala - Bivio Gabela
4 - Zavala - Hum e derivazioni
Quadro d'insieme
Ferrovia a scartamento ridotto Hum - Trebinje - Bileća (https://www.zeleznice.in.rs/forum/viewtopic.php?t=533)

14.8 - Le linee e le stazioni

Ferrovia Capljina-Zelenica

linea per Sarajevo
0 Capljina
5 Gabela
linea per Porto Tolero
7 fiume Narenta
8 Krupa
18 Sjekose
25 Hrasno
32 Hutovo
38 Zelenikovac
45 Turkovici
50 Trncina
53 Velja Meda
58 Dvrsnica
63 Ravno
65 Cvaljina
69 Zavala
77 Grmljani
82 Poljice
86 Diklici
91 Gojšina
93 Jasenica Lug
98 Ðedici
100 Hum
linea per Trebigne
106 Zaplanik
111 Uskoplje 350 m s.l.m.
112 linea per Ragusa
115 Ivanica
122 Zagradinje
125 Glavska 495 m s.l.m.
confine Bosnia ed Erzegovina – Croazia
134 Vojski Dol
138 Mihanici 328 m s.l.m.
149 Ragusavecchia 126 m s.l.m.
155 Cilipi 132 m s.l.m.
158 Komaj
164 Gruda 80 m s.l.m.
168 Plocice
Confine Croazia – Montenegro
171 Nagumanac 185 m s.l.m.
176 Sutorina 103 m s.l.m.
180 Igalo 4 m s.l.m.
184 Castelnuovo (Herceg-Novi)
186 Savina
189 Zelenica 2 m s.l.m.

Ferrovia Hum-Trebigne-Nikšic

linea per Capljina
0 Hum
2 linea per Zelenica
5 Taleža
8 Ljubovo-Duži
14 Volujac
17 Alexina Meda
20 Trebigne
26 Arslangagica Most
34 Stara Lastva
36 Lastva
44 Grancarevo
47 Parež
50 Dubocani
53 Crvena Stijena
58 Rogacevici
61 Miruše
70 Bileca
79 Koravlica
87 Kljakovica
96 Petrovici
106 Viluse
114 Rijecani
124 Podbožur
129 Bijele Rudine
135 Trubjela
143 Kuside
152 Stuba
161 Nikšic

Ferrovia Uskoplje-Ragusa

da Capljina
0 Uskoplje
per Zelenica
confine Bosnia ed Erzegovina-Dalmazia
5 Brgat
10 Šumet
20 Gravosa – Ragusa

La stazione di Hum a inizio del '900.

14.9 - Un treno di nome Ćiro  

Nelle ricerche e negli approfondimenti di contesto relativi ad altre parti dei Diari di Dante, è già accaduto che si siano aperte inaspettate ramificazioni laterali a lato e sotto il percorso principale, le quali ci hanno assorbito inevitabilmente in ulteriormente annidate esplorazioni, talora curiose e sorprendenti. Anche qui, nel ricercare ogni tassello utile alla completa conoscenza di questa ferrovia così protagonista nel racconto, ho fatto una piccola ma curiosa scoperta, di quelle in cui, cercando un semplice particolare, insieme a quello trovi qualcos’altro che non t’aspettavi e che ti consente di mettere il cappello ad un’altra ricerca.

Nella trascrizione dei diari, ad un certo punto il papà racconta di un bersagliere che cade dal treno mentre questo passa su un ponte a cavallo di un fiume. Viene dato l’allarme, il treno fa marcia indietro, il poveretto viene soccorso e portato all’ospedale a Trebinje, ma poi, purtroppo, muore.

Dalla descrizione, dal tempo trascorso dalla partenza del treno appunto da Trebinje, non mi è stato difficile individuare il luogo dell’evento, un ponte in ferro che attraversa un breve fiume che confluisce presto nella Trebišnjica: un’immagine da Google Earth lo rappresenta arrugginito, ma ancora esistente, ma mi fermo qui e non approfondisco, anche perché il fiume, oggi, appare alquanto in secca.

Tempo dopo, ripassando da lì su Google Earth, riconosco il ponticello, allargo la visualizzazione per ricavarne un’immagine da aggiungere al racconto di quella disgrazia e vedo che è pure contrassegnato: “Stari Most Ćiro”. A prima vista vorrebbe dire: “Vecchio Ponte Ćiro”, ma qualcosa non quadra. Non si tratta infatti del nome del fiume, inesistente, non può essere il nome dell’imperatore persiano…

Non resta che mettere “Ćiro” nel motore di ricerca, associandolo, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, al termine “vlak”, che significa “treno”. Ed ecco, nella foto qui sotto, cosa appare.

Era il nome del treno! I ragusei lo battezzarono così il 15 luglio 1901, quando il primo convoglio partì dalla stazione di Gruž (Gravosa). Il motivo per il quale lo chiamarono così non lo conosco. Per ora.

Di ricerca in ricerca, ho appreso che, negli ultimi anni, attraverso piani di recupero e con i fondi dell’Unione Europea, buona parte del sedime ferroviario è stato recuperato, consentendo l’emozione di un viaggio in bicicletta attraverso la ex-linea ferroviaria. Lungo il percorso troviamo ancora i ponti, le gallerie scavate nella roccia, manufatti e alcune stazioni in parte abbandonate, in altri casi riutilizzate. Oggi è ancora possibile rivivere parte della storia travagliata di questi luoghi, con il paesaggio pressoché intatto.

A chi, come me, ha imparato a conoscere e a familiarizzare con nomi e luoghi di quella ferrovia, la scoperta di “Ćiro” ha consentito di accedere poi ad ulteriori contenuti visivi in rete che quei nomi e luoghi rappresentavano. Ciò con tutte le emozioni conseguenti, comprese quelle scaturite dall’aver scorto, a margine del percorso, lapidi e cippi commemorativi di dolorosi e noti eventi bellici. E il papà era lì.

Tornando a “Ćiro”, dopo il restauro, la locomotiva e i vagoni ferroviari restaurati sono arrivati ​​ nel 2012 a Travnik, ove il museo locale ha organizzato un evento multimediale denominato “Ciro is back!”, ricordando così le vecchie generazioni e introducendo le nuove generazioni al significato della ferrovia a scartamento ridotto e del treno a vapore di questa parte della Bosnia.

Fonti / Per saperne di più

  • https://www.viaggiareslow.it/mostar-dubrovnik-in-bicicletta/
  • https://www.dumus.hr/print.aspx?id=59&itemId=355
  • https://www.viaggiareslow.it/mostar-dubrovnik-in-bicicletta/
  • https://www.zeleznice.in.rs/forum/viewtopic.php?t=533

14.10 - Galleria

Lo "Stari most Ciro" ripreso da Google Earth.
Lo "Stari most Ciro" , 80 anni dopo i fatti.
Su una mappa degli anni '40, il ponte della disgrazia indicato con la freccia rossa.
La stazione di Zavala oggi, perfettamente conservata e riadatatta a nuova destinazione. Qui, Dante, dal 19 al 22 giugno 1942, rivestì i quaderni II, III e IV. Il quaderno I era stato rivestito a Cavtat il 27 settembre 1941.
Quaderno II
Quaderno III
Quaderno IV