Non ci sono contenuti di contesto significativi da porre a supporto del Capitolo 12: è un viaggio in camion, non si combatte, non si muore. Ma è comunque l’occasione per rimarcare la scellerata organizzazione logistica con la quale si è affrontata la guerra.
Si tratta di un viaggio premio, benché finalizzato alla sfilata di Atene, celebrativa della vittoria sui greci. Ebbene, il papà , come si legge nel breve estratto di diario sottostante, racconta della fame patita lungo quell’interminabile e scomodo tragitto: non più cannonate, non più mortai, non più sentieri impraticabili: eppure i bersaglieri restano ancora giorni senza rancio, dopo la fame patita tra le cannnonate e la neve su Kalase e dintorni.
Fame a parte, l’occasione, riprendendo una nota a corredo del testo, è anche per aggiungere un elemento di giudizio sulle capacità organizzative dei nostri gestori della guerra. Dunque c’è la sfilata e i soldati devono quindi sfilare marciando o, se bersaglieri, correndo. Ma i tedeschi marceranno al consueto passo dell’oca e quindi arriva da Roma l’ordine che anche i nostri dovranno farlo. All’aeroporto di Coriza, infatti, prima della partenza, mentre i bersaglieri provano con distaccata memoria le solite corse dietro la fanfara, il resto dei soldati destinati alla sfilata subiscono allo sfinimento ore ed ore di addestramento in tal senso. Ma senza risultati apprezzabili. Così, poichè non è proponibile che a sfilare siano solo i tedeschi e noi no, né che essi lo vogliano fare a passo normale, e dato che il nostro permaloso comando non accetta che a farlo siano solo i bersaglieri (cosa che esteticamente avrebbe anche sopravanzato gli altezzosi alleati), si ripiega, dopo cotanto faticoso viaggio, su una misera passerella di camion per un viale di Atene.
Meno male che, almeno, le bellezze di Atene e il pesce fritto sulla spiaggia..