Il trattato di pace del 1947 tra Francia e Italia, limitatamente all’ambito territoriale, vide la cessione alla Francia dei seguenti territori che, prima della guerra, erano italiani:
Per saperne di più sulle variazioni dei Confini italo-francesi a seguito del Trattato di pace del 1947: www.laboratorioaltevalli.it/blog/un-po-di-storia/italia-francia-un-confine-ridisegnato-dopo-la-seconda-guerra-mondiale
Per il reggimento, attendato a Villar Focchiardo, il mese di luglio trascorre in piena tranquillità, impegnato però in un intenso addestramento sulle varie forme di impiego della specialità e di amalgama in tutti i reparti tra bersaglieri di leva e richiamati. L’attività addestrativa comprende pure esercitazioni di tiri individuali e di reparto, nonché marcia in bicicletta per allenare intensamente gli uomini allo sforzo prolungato, e ciò anche se le operazioni sul fronte francese, terminate da alcuni giorni, siano già servite come breve messaggio di prova delle possibilità di impiego del reggimento, del rendimento e del grado di addestramento dei reparti, delle capacità e del valore dei singoli comandanti in determinati momenti.
Piuttosto nei Balcani c’è qualcosa che non convince.
Infatti, verso il 7 di agosto viene in ordine improvviso di spostamento sulla frontiera jugoslava, ove potrebbe anche verificarsi la necessità di un nostro impiego bellico. Fervono immediatamente i preparativi per il trasferimento del reggimento, che dovrà effettuare il suo spostamento in ferrovia.
Pochi giorni dopo a Susa un convoglio ferroviario o, meglio, una tradotta, è pronta a ricevere uomini e materiali. Sono state predisposte alcune carrozze viaggiatori, molti carri bestiame e alcuni carri asolo pianale per gli automezzi. Si parte. A Torino, dove il treno fa una sosta, convengono alla stazione molti parenti e familiari dei bersaglieri per porgere loro un saluto prima che raggiungono la nuova destinazione. La tradotta prosegue il suo viaggio, fermandosi ogni tanto in qualche stazione per dare la precedenza a convogli più veloci o più importanti.
A Mestre, fuori stazione, una lunga sosta. Una signora attraversa lentamente i numerosi binari per avvicinarsi al treno. È la consorte del colonnello comandante, che è venuta a salutare non solo il marito, ma anche i bersaglieri del 4°, che seguiranno il colonnello Scognamiglio nella buona e nella cattiva sorte del reggimento.
Proseguono anche qui le nostre esercitazioni estive. L’ambiente che ci circonda è però cambiato. Alla cordialità e alla simpatia dei piemontesi è succeduta una fredda diffidenza dei nativi del luogo. L’elemento di origine slava nasconde la sua ostilità sotto un ambiguo sorriso di degnazione.
Sono forse impressioni sbagliate, ma si sente nell’aria qualcosa che non va. La maggior parte dei vecchi ed una parte dei giovani parlano o cercano ostentatamente di parlare soltanto la lingua slava.
Quante diversità invece a Gorizia e Trieste! È una cosa che allarga il cuore fare una capatina in queste città. Si direbbe che lo spirito patriottico e la fierezza di essere italiani non si affievoliscono mai in queste popolazioni o, meglio, che non si offuschino mai nel torpore e nella normalità della vita quotidiana.
Il trafiletto di Quaglino che precede racchiude in poche righe la spontanea percezione di un ufficiale imbevuto di nazionalismo e il richiamo ad un tema storico, etnico e politico ancor oggi dibattuto, che esploderà poi con l’occupazione italiana dei territori ex-jugoslavi, fino a comprendere anche il dramma delle foibe e la sua odiosa strumentalizzazione neofascista.
Per quanto riguarda in particolare l’aspetto socio-linguistico, riporto qui sotto una breve sintesi del libro “Il martire fascista”, che ci contestualizza appropriatamente e incredibilmente proprio nello specifico, la percezione di Quaglino.
Il 4 ottobre 1930 qualcuno uccise a fucilate il maestro Sottosanti in un paese sloveno vicino Gorizia.
Un maestro siciliano, di solida fede fascista, va a insegnare nella scuola di un paesino sloveno vicino a Gorizia, annesso all’Italia dopo la Grande guerra. Ha una giovane moglie, cinque figli e un sesto in arrivo. È uno dei molti convocati a realizzare la «bonifica etnica», l’italianizzazione forzata di una minoranza renitente.
Una sera, all’inizio dell’anno scolastico del 1930, il maestro Sottosanti viene ucciso in un agguato. L’Italia fascista commemora il suo martire. Ma da oltre confine si accusa: infieriva contro i bambini, sputava in bocca a chi si lasciasse sfuggire una parola nella sua lingua madre, lo sloveno. Ed era tisico. Il rumore si spegne presto. Le autorità fasciste sanno che i maltrattamenti raccapriccianti avvenivano davvero, ma l’autore era un altro, il più vicino all’ucciso i militanti antifascisti sloveni si accorgono di aver commesso un incredibile scambio di persona.
Dal libro “IL MARTIRE FASCISTA” di Adriano Sofri – Sellerio Editore.
Dalla presentazione: “Adriano Sofri ha ricostruito questa cronaca del 1930, cui lo legano imprevisti fili personali, andando su e giù dai confini. Niente è bello come un confine abolito. Soprattutto quando c’è chi lo rimpiange, e investe in fili spinati.”