Adesso che Arturo e Ughina se ne sono andati, ho una cagnolina di nome Maya. E, portandola al parco vicino a casa, mi capita di sentire più o meno gli stessi discorsi di sempre. Infatti chi parla, per lo più una donna, tende sempre a riaffermare all’interlocutore, l’amica al fianco o qualcuno al telefono, che ha ragione lei e che c’è qualcuno che invece ha torto marcio, che ha rotto il… e che se crede di… Insomma, dai discorsi sentiti c’è sempre in giro per il mondo una persona cattivissima responsabile di ogni nefandezza ai danni della narratrice monologante. L’amica al fianco e l’interlocutore telefonico ascoltano. Chissà se in un altro parco del mondo c’è quella cattivissima persona che reciprocamente sta parlando con un’amica della sua diffamatrice e dice di lei le cose peggiori…
Argomenti e persone oggetto delle asserzioni sono i più svariati: si va dalla cugina invadente, alla collega non collaborativa, alla cognata che manipola il fratello. Ma qualche volta gli argomenti e le questioni che pongono possono essere alquanto seri e invadere sfere che pertengono alla scienza ed alla filosofia. Per esempio mi ha colpito il dialogo tra due donne, ciascuna con carrozzina cullante, in attesa che il cane che le accompagnava esaurisse i suoi bisogni olfattivi.
«Cosa ne pensi dei vaccini? »
«Non lo so, non saprei…»
«Ah, guarda, io ho sentito dei miei amici che hanno avuto notizia di bambini diventati autistici dopo essere stati vaccinati! Io non ho dubbi: Elio non lo faccio vaccinare! »
«Veramente? Stasera ne parlo con mio marito, lui sarebbe favorevole, ma a questo punto…»
Fare un commento ragionato sarebbe una caduta nella banalità. Come sempre, però ogni occasione è buona per liberare il pensiero alle più svariate invasioni di campo, o meglio, di sfere di giudizio, con la possibilità di articolare i concetti con il solo limite imposto dalla misura delle conoscenze e dello spazio per scrivere.
Sembra, e lo credevo anch’io fino ad un certo punto del percorso, che le scelte da fare in ogni occasione dovessero sempre attingere ad inflessibili principi ed irraggiungibili ideali, mentre la vita, in realtà, ci induce ad apprezzare il compromesso e a vedere l’utilità delle cose possibili, non mostrando troppa fretta nel condannare ogni compromesso quale esempio di cattiva moralità. La vita non è fatta solo di questioni di inflessibili princìpi o di ideali irraggiungibili. La vita avanza in una costante carenza del meglio, continuamente costretti a preferire un errore ad un altro, confidando nella scelta del meno grave: ciò attraverso continui compromessi e quotidiani pegni per rendere più sostenibile la leggerezza dell’essere.
Come scegliere il minore degli errori, come arrivare al compromesso e con chi, soprattutto?
Quale prezzo siamo disposti a pagare, quali rinunce siamo disposti a concedere solo per la speranza di tirare avanti e non in virtù di alti principi?
Quali e quanti di questi siamo disposti a sacrificare nel tentativo di risolvere legittimamente il conflitto con alcuni di essi?
Queste domande ci assalgono sia nella quotidianità, sia in alcune importanti svolte della vita, sia al cospetto di eventi o di scelte dalle quali dipendono direttamente o indirettamente la nostra vita o quella dei nostri cari.
Ora, per esempio, come concludere questo spunto? Dovrei fornire io stesso una risposta al quesito posto o potrei forse lasciarlo in sospeso? Attingo all’incombente bagaglio degli ideali e dei principi o accetto il compromesso?
È ora di portar fuori Maya: accetto il compromesso e attendo fiducioso che questo dilemma sappia risolverlo il lettore.