Si parva licet componere magnis
(17 febbraio)
Nelle prime due parti di “articolo di fondo” stavo prendendo in esame alcuni aspetti della composizione del nuovo governo Draghi. Prima di proseguire con lo stesso taglio, però ed in attesa di eventuali sviluppi, specie per quanto riguarda la valutazione dei ministri tecnici, vorrei fermarmi un attimo per una riflessione generale, sempre relativa a questa fase politica. A proposito di taglio dell’articolo, devo però prima precisare che, poiché le parti dall’articolo inizialmente previste in due o tre, stanno rapidamente proliferando, la titolazione non sarà più numerica, ma verrà di volta in volta ispirata dal contenuto che introduce e abbinata alla data, pur idealmente proseguendo nella traccia di trattazione avviata con le prime due parti. ”
Riflessione che parte dall’amarezza procurata dalla visione generale di qualcosa di brutto che poi tocca anche te, i tuoi cari, il tuo paese. Prosegue con il timore di futuri scenari suggeriti dalla logica ed ispirati dalla conoscenza pregressa. Finisce sul triste sospetto di essere saliti sulla stessa giostra, dopo essere scesi da un più utile treno.
Ingoiato il rospo di una crisi al buio, indotta farmaceuticamente su un paziente, il governo, il cui capo aveva indici di gradimento molto superiori alla media dei predecessori e che, tra alcuni errori inevitabili ed altri evitabili (come il neanche ipotizzato commissariamento di alcune regioni riottose alla pubblica sanità), qualche magro risultato lo aveva ottenuto:
A fronte di ciò e nonostante che lo scetticismo iniziale abbia coinvolto anche chi scrive, devo ammettere essersi trattato di tutt’altro che fallimento degl’incompetenti o di crisi del sistema democratico, soprattutto se confrontato con esiti di governi precedenti, che hanno invece lasciato ben altre e più pesanti eredità in tutti i campi, principalmente in ambito economico e giudiziario.
Ora, come forse molti, io immagino un Draghi che, dotato di bacchetta magica, attraversa indenne una distesa di sabbie mobili per approdare con merito al Colle tra un anno e ciò spero. Ma già la bacchetta pare essergli sfuggita per la nomina di alcuni ministri, come notato i giorni scorsi. Adesso vediamo con i sottosegretari, con i dirigenti pubblici, con il doppiogiochismo professionale di lotta e di governo di taluni soggetti. Lo vedremo col MES, lo vedremo con l’agognata fine della dittatura dei decreti di mezzanotte, lo vedremo nel coniugare la sana esigenza di sciare all’aria fresca delle Alpi con quella di morire per l’aria mancante nelle terapie intensive, nel cercare i soldi per ristorare i ristoranti senza il banale differimento del loro pagamento alle prossime generazioni. Vedremo come il governo affronterà la Confindustria, se essa tornerà a richiedere il sacrificio di alcune migliaia di vittime per aumentare il PIL. Vedremo come arriveranno più vaccini e per tutti. Vedremo come si sarà posta la parola fine al disastro messo in atto da persone incompetenti (in cosa, di grazia?), ma alle quali va almeno riconosciuto di essere rimasti seri davanti al Duomo, ove pullulavano intriganti emuli di Totò e Peppino.
Vedremo, tra un po’, se Draghi potrà legittimamente pensare che avrebbe potuto fare meglio. Io, prima di aver sentito il suo discorso al Parlamento, mi sto riprendendo dall’illusione iniziale e comincio a temere un momento in cui la bacchetta magica gli sarà caduta definitivamente dalla mano o gli sarà strappata dai (soliti?) “servizi deviati”.
Lo scetticismo montante non vuole peraltro sminuire la stima per Draghi, anche se solo per aver avuto prestigiosi incarichi europei di primo piano e di enorme importanza. Ma adesso? Per ora ha pescato i suoi “tecnici” solo nel suo lago: mentre Mattarella ha ammesso di dover fare il pane con la farina che gli danno gli Italiani, lui ha preso la sua farina in Bankitalia, Confindustria, Burocratistan, Vaticano, Liberi&Comuni. Perché Cartabia alla giustizia e non Di Matteo o Davigo, oppure all’opposto, Palamara?
E poi i governi tecnici: i precedenti Ciampi, Dini e Monti hanno fatto alcune cose per lo più invise a tutti, poi qualche patriota si è tolto e il cerino è finito sempre in mano del PD, che infatti è quasi sparito e vive ora di qualche sopravvissuto e rosato democristiano, dopo che un altro democristiano, Renzi, lo ha ripetutamente colpito a morte, con annesso, secolare organo di stampa. In questo caso apparirebbe semplicemente evidente che Conte sia caduto per colpa di un individuo invidioso di qualcuno che potesse fare politica meglio di lui, capace cioè di guidare “normalmente” il paese in un momento affatto normale e, udite, udite, forse in grado di avviare la ricostruzione di un centro-sinistra organico, efficiente e credibile, dopo che lui lo aveva portato al declino e alla rovina e reso inoffensivo nei confronti della destra.
E se quindi Conte fosse caduto proprio perché ha fatto o ha rappresentato qualcosa di buono e di nuovo? Dove potremmo leggere di una simile ipotesi? Quali giornali possono permettersi di evocare legalità, trasparenza, lotta alle lobby, misure sociali, ambiente? Quali giornali, già pronti ad esaltare il successo delle destre previsto nelle elezioni dell’autunno 2019 a seguito del Papeete di Salvini, potrebbero aver perdonato a Conte di aver mandato in fumo quei piani?
Poi, per quelli che parlano di “fallimento della Politica” senza averla mai conosciuta: non si ricordano ben altri fallimenti, ispiratori di un governo “tecnico” con dentro tutti? Quello per esempio del 2011, nel quale Monti & Fornero furono incaricati, loro malgrado e con tanto di lacrime, di prendere misure dolorose ma necessarie per salvare il paese dall’incombente bancarotta (due mesi di cassa residua) indotta da Berlusconi, per il quale la Merkel e Sarkozy non riuscivano a trattenere i risolini e che fuggì nascosto in auto blu, inseguito nottetempo per le strade romane? Lo stesso fallimento in cui finirono il berlusconismo politico (non quello penale) e il PD, che rimase da solo a sostenere lo scomodo Monti? O un altro fallimento più recente, nel 2018, quando si tentò l’inciucio napolitano tra PD e FI e allora la gente votò Lega e 5 Stelle?
Più scrivo e più mi convinco che forse Sorella (d’Italia) Giorgia e Fratello Giuseppe hanno fatto bene a starne fuori, anche se sono costretto ad augurarmi il contrario, per evitare che, come in altre fasi storiche della nostra storia, prima di risorgere un po’, bisogna toccare il fondo: con le sue tragedie, le sue vergogne, i suoi morti.
Nel titolo:
“I sä spärtisän quël che lü l ha cätà”. (“Si dividono quello che lui ha raccolto”). Citazione di Pier Luigi Bersani ieri a Di Martedì, riferendosi a Conte e al Recovery Fund. (Grafia piacentina, con probabile influenza pavese, non verificata e con i font disponibili.)